Presentiamo il testo della recensione di Francesco Campana al volume Das Denken der Freiheit di Klaus Vieweg (Wilhelm Fink Verlag, München, 2012), apparsa sull’ultimo numero di “Verifiche”, XLII (2013), n. 4, pp. 173-181.
Klaus Vieweg, Das Denken der Freiheit, Wilhelm Fink Verlag, München 2012, pp. 552, ISBN 978-3-7705-5304-4
Das Denken der Freiheit si presenta come un’attenta e appassionata lettura dei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel. Con questo volume, Klaus Vieweg propone un commentario ai paragrafi hegeliani che fornisce una robusta e ricca introduzione alla filosofia pratica hegeliana.
Il perno attorno al quale viene a costruirsi l’architettura del libro è il concetto hegeliano di libertà e il modo in cui l’idea di libertà e di volontà libera vengono a configurarsi, attraverso un pensiero di tipo concettuale, come la ragione stessa dell’universo pratico di tale filosofo. Ancora più in generale – ovvero prendendo le mosse da Hegel e guardando anche oltre – le domande che si pone il testo in analisi riguardano i criteri e i principi che, nel moderno, rendono un agire libero, responsabile, giusto e umano.
Tra gli obiettivi fondamentali che l’A. delinea sin dall’inizio, infatti, non vi è solo quello di glossare, approfondire e scandagliare i luoghi più significativi dello spirito oggettivo, ma anche quello di metterne in luce la viva attualità, di rivendicarne il valore per la comprensione delle dinamiche politico-sociali contemporanee e, quindi, di dichiarare l’impossibilità di abbandonare il testo hegeliano – per dirla con C. R. Zafón, che lo stesso A. richiama a p. 33 – al “cimitero dei libri dimenticati”. Numerosi sono perciò i rimandi a contesti della storia recente o della politica che accompagnano l’indagine del testo hegeliano, che diventa così una lente per analizzare la mancanza di razionalità e per denunciare le storture che percorrono molte vicende dell’epoca odierna.
Una delle sfide principali del volume, tuttavia, consiste nel compiere tale attualizzazione senza estrapolare il testo dei Lineamenti dall’impalcatura concettuale hegeliana, senza decontestualizzarlo dal progetto complessivo del filosofo e diminuire, così facendo, la potenza che deriva dal sistema nella sua interezza. Ciò che muove l’A. è soprattutto la convinzione dell’inseparabilità dell’elaborazione pratico-politica dalla cornice metafisica e logico-teoretica. Tramite continui riferimenti all’Enciclopedia, alle numerose raccolte di appunti dalle lezioni sulla filosofia del diritto redatte dagli allievi, ma, soprattutto, attraverso un serrato dialogo, che diventa raffronto e giustificazione, con le pagine della Scienza della Logica, l’A. dimostra nel corso del volume la stretta correlazione tra ambito pratico e scienza filosofica in senso più ampio, con l’intento dichiarato di corrispondere fedelmente alla stessa lettera hegeliana che, fin dalla Prefazione ai Lineamenti, indica come tanto l’insieme dell’elaborazione speculativa quanto le sue singole parti si fondino sullo “spirito logico”.
La struttura del volume si dispiega lungo otto capitoli di differente consistenza, che seguono in generale l’andamento dei Lineamenti.
Dopo qualche pagina di premessa in cui vengono esposte le linee di fondo su cui si baserà la lettura proposta, il volume si apre con un primo breve capitolo, ancora di carattere introduttivo, in cui vengono ulteriormente precisati alcuni punti fermi dell’analisi dell’A. e nel quale vengono confutati diversi pregiudizi o fraintendimenti che hanno accompagnato l’interpretazione del testo hegeliano. Con questi propositi, l’A. prende in esame i luoghi celebri della Prefazione ai Lineamenti (dalla frase “Ciò che è reale è razionale, e ciò che è razionale è reale” all’immagine della nottola di Minerva) e, successivamente, ripercorre la ricezione novecentesca del testo hegeliano, in una ricognizione che si spinge fino ai giorni nostri.
Il secondo capitolo si sofferma sui paragrafi dell’Introduzione. Sono portati al centro dell’attenzione i temi chiave del programma hegeliano e il taglio metodologico utilizzato da una filosofia pratica che punta ad essere una elaborazione e una formulazione scientifica dei principi del diritto. L’A. propone una discussione preliminare su concetti basilari, quali “idea”, “diritto”, “volontà”, “libertà”. Libero è quell’agire che porta a esistenza l’idea pratica del diritto, quell’agire che, autodeterminandosi, fa sì che il diritto non si ponga semplicemente come positivo, ma trovi una propria razionale realizzazione attraverso il farsi oggetto concreto delle determinazioni della libertà. Questo comporta che l’idea non rimanga chiusa nell’astratta identità con se stessa, ma intraprenda un progressivo movimento che la porti a raggiungere l’assoluta unità effettuale di concetto e realtà. Tale unità consente di pervenire allo stadio della libertà, che consiste nel sapersi e nel riconoscersi nell’altro da sé come presso se stesso. La posizione, all’interno del progetto enciclopedico, della filosofia del diritto come spirito oggettivo, e quindi come stadio successivo allo spirito soggettivo, descrive un divenire che conduce dalla “prima natura” alla costituzione mediata di una “seconda natura”, vale a dire dall’agire immediato, soggettivo, arbitrario e contingente – che è dettato da impulsi, interessi e passioni particolari – alla realizzazione del bene comune, ovvero di una felicità che, nel contesto di una comunità, riesca a rispondere alle esigenze particolari, che sono sì necessarie, ma non sufficienti per fondare un volere veramente libero. Tale percorso avviene per mezzo di un movimento di autodeterminazione e di formazione, attraverso una Bildung – altro concetto dirimente della trattazione hegeliana e centrale anche nell’analisi dell’A. – che è insieme teoretica e pratica e che oltrepassa il dualismo tra queste due dimensioni. Al fondo, vi è un processo eminentemente logico che, nella sua ossatura, presenta il paradigma fondamentale (“die fundamentale Trias”, p. 57) per il quale, dall’universalità (identica a se stessa, uguale, indifferente), si passa, attraverso la particolarità (che è differenza, negatività, non identità), alla singolarità come unità dei primi due momenti logici (identità dell’identità e della non identità). In riferimento a tali considerazioni – sottolinea l’A. – particolare attenzione deve essere riservata, all’interno della Scienza della Logica, soprattutto ai passi della Dottrina del concetto che riguardano la logica del concetto, del giudizio e del sillogismo e a quelli che, dall’oggettività e dalla vita, arrivano fino all’idea. Nel quadro di tale contesto e del generale superamento del dualismo soggetto-oggetto, sul finire del capitolo, è da segnalare la discussione, ripresa anche in seguito, di diverse concezioni etiche, sempre in un’ottica che, a partire da Hegel, parla al presente. Si mettono in luce la necessità e, al contempo, l’unilateralità e l’insufficienza del volontarismo e del determinismo (rispetto al secondo, per esempio, viene analizzata la critica hegeliana al riduzionismo empiricista di F. K. Gall e le sue conseguenze sul piano etico, ma vengono prese in considerazione anche forme contemporanee di determinismo nell’ambito delle neuroscienze). Vengono discussi i limiti di posizioni consequenzialiste quali l’eudemonismo e l’utilitarismo, da una parte, e le parzialità della prospettiva deontologica di matrice kantiana, dall’altra.
Il terzo capitolo è dedicato alla Parte prima dei Lineamenti, quindi al diritto astratto. Centrale in tale contesto è la teoria della personalità che si fissa come un caposaldo dell’intero impianto della filosofia hegeliana della libertà. La persona è caratterizzata dal volere nella sua singolarità, nella sua determinazione immediata e autotelica. In quanto si sa come persona, l’autocoscienza si scopre come dotata di diritto: su tutti, il diritto alla vita e all’inviolabilità corporea. Sull’io come persona che universalmente si riconosce in quanto tale si fonda il principio dell’uguaglianza tra gli esseri umani, si costituisce l’eguale dignità degli individui: per questo motivo, tutte le altre determinazioni del diritto poggiano sul diritto della persona. A questo diritto si associa quello dell’inviolabilità dei beni, su cui si concentra l’A., portando in primo piano il concetto di proprietà, come primo stadio del diritto astratto. All’interno della discussione sulle determinazioni classiche dei concetti di persona e proprietà, è interessante segnalare gli approfondimenti che guardano all’oggi sulla sostenibilità ambientale e sulla cura che l’essere umano deve (o dovrebbe) avere rispetto all’ecosistema e quelli sui diritti dell’infanzia e sui diritti degli animali. Il capitolo prosegue con il secondo momento del diritto astratto, ovvero con la considerazione del riconoscimento formale e con la teoria del contratto; quindi con il terzo livello, vale a dire con la violazione del diritto come ciò che contraddice il concetto di volontà libera, con la teoria della punizione dell’ingiustizia come “seconda coercizione” e con le strutture logiche che sottendono al rapporto tra illecito e pena.
Sulla Parte seconda, che ha come tema la moralità, si concentra il quarto capitolo. Qui, nella sfera della particolarità pratica, si trova esposta la teoria hegeliana della libertà soggettiva. Vengono ripercorsi i caratteri dell’agire morale: si va dalla discussione della distinzione tra Tat e Handlung alle dinamiche della finalità che coinvolgono tale agire, dall’analisi del binomio proponimento-responsabilità alla trattazione della coppia intenzione-benessere e di quella bene-coscienza morale. A questa altezza, l’agire acquisisce una seconda determinazione ed emerge la necessità che un’azione libera non solo sia conforme al diritto astratto, ma sia posta in relazione al proprio concetto e, sulla base di tale concetto, sia messa alla prova e valutata: si manifesta cioè l’esigenza che un’azione, per essere veramente libera, sia anche giudicata come “buona”. Anche qui, perciò, la struttura logica affiora in primo piano e la logica del giudizio del concetto, nelle sue diverse determinazioni (giudizio assertorio, giudizio problematico, giudizio apodittico), accompagna l’interpretazione di queste pagine. Viene, in seguito, tematizzata in modo più approfondito la coscienza morale; vengono analizzati, all’interno della dimensione critica della moralità, la figura di Socrate e i procedimenti filosofici dello stoicismo e dello scetticismo; il bene e il male vengono discussi nei termini di una Ur-Teilung e vengono delineate le diverse forme del male; vengono presi in esame gli eccessi soggettivistici dell’ironia nel pensiero romantico.
Dal quinto all’ottavo e ultimo capitolo, si assiste ad un cambio di ritmo nell’andamento complessivo del volume. Gli ultimi quattro capitoli, infatti – vale a dire più della metà del libro – sono tutti dedicati all’eticità, cioè alla Parte terza.
Il quinto capitolo costituisce la porta di ingresso all’ultima sezione dei Lineamenti. In esso vengono presentati i tratti generali dell’eticità e ne vengono sottolineati il carattere costitutivo rispetto alla modernità, da un lato, e il significato ancora attuale per ciò che riguarda la più stretta contemporaneità, dall’altro. In questa sezione, infatti, la persona, che già è diventata soggetto morale, acquisisce lo status di membro di una comunità e la forma di oggettività che qui viene a istituirsi non si basa sull’arbitrio, né sull’opinione, bensì sul sapere (Wissen), che attraversa, in un graduale percorso di riconoscimento, gli stadi del sentimento (nella famiglia), della riflessione e dell’intelletto (nella società civile), fino ad arrivare al pensiero di tipo concettuale (nello Stato). Dal punto di vista logico, tale sezione è percorsa dallo svolgimento sillogistico, concepito come dinamico movimento di autodeterminazione della razionalità nel reale: la famiglia si fonda sulle figure del sillogismo dell’esser determinato (o dell’esserci); la società civile su quelle del sillogismo della riflessione (sillogismo della totalità, sillogismo dell’induzione e sillogismo dell’analogia) e su quelle del sillogismo della necessità (sillogismo categorico, sillogismo ipotetico, sillogismo disgiuntivo); lo Stato, infine, è concepito come sistema composto dai tre tipi di sillogismo dei livelli precedenti.
La famiglia è il primo livello dell’eticità e su di essa si concentra il sesto capitolo. Essa si presenta come una comunità che si articola in tre dimensioni: la famiglia costituisce, in primo luogo, una forma di convivenza fondata sul sentimento dell’amore; fornisce, poi, una prima forma di tutela del patrimonio, di assistenza e solidarietà ai suoi membri; ha il compito, infine, di educare i nuovi arrivati della famiglia che, una volta cresciuti, usciranno dal nido d’origine.
Il settimo capitolo tratta la società civile, cui l’A. attribuisce un ruolo determinante per la costituzione dell’eticità. La società civile è percorsa dalla particolarità del componente della famiglia che esce da quel nucleo e cerca di autodeterminarsi al di fuori di essa come persona privata, come bourgeois. A partire da un orizzonte di separazione si assiste, nella società civile, a un progressivo movimento di conoscenza, a una Bildung, che conduce, attraverso diversi stadi, al superamento della differenza particolarizzante dell’intelletto e che si spinge verso la ricerca di un principio universale e razionale, di una libera identità comunitaria. Dallo stato iniziale, dove si verifica una “perdita di eticità” nella casualità dei singoli bisogni, la società civile si costituisce come sistema di tali bisogni. Grazie a un processo di formazione teorico e pratico dei componenti della società civile e per mezzo della loro attività, tali bisogni trovano soddisfazione in un ordinamento di mercato di tipo capitalista. Il principio del mercato, però, non può essere lasciato a se stesso e, affinché non degeneri, deve essere regolato ed è chiamato a fare i conti con uno stato sociale che la comunità deve assicurare ai propri componenti. La società civile, perciò, basandosi su un sistema equo di tassazione, deve essere in grado di fornire un sostegno solidale alle situazioni disagiate che consenta il perseguimento di un principio di giustizia sociale; deve assicurare l’amministrazione della giustizia, il controllo dell’ordine pubblico e, in generale, delle condizioni dei componenti della società (funzione di “polizia”); deve, quindi, consentire e agevolare quelle forme di “seconda famiglia”, di “piccolo Stato”, che sono le corporazioni. In tutto il volume, ma soprattutto in questo capitolo, particolarmente sentite ed efficaci sono le pagine dedicate alla crisi finanziaria che dal 2008 coinvolge i sistemi di produzione capitalistici di più lunga formazione storica; pagine in cui l’A., muovendo dai paragrafi hegeliani, critica quello che egli chiama “Marktfundamentalismus”, ovvero quel tipo di orientamento che auspica un sistema economico, sempre più indipendente da ogni forma di regolamentazione e tutela, in cui le pretese del mercato vengono poste al centro a scapito dell’orizzonte razionale di giustizia sociale (a sostegno delle sue tesi, l’A. si rifà, tra altri, alle analisi di Joseph Stiglitz).
L’ottavo e ultimo capitolo è dedicato allo Stato come compimento razionale e reale dell’idea etica, come luogo in cui emerge l’elemento del politico, come stadio di integrazione delle segmentazioni sociali delle fasi precedenti, nel senso di una realizzazione piena della libertà del soggetto etico come cittadino e nei termini di una determinazione oggettiva della giustizia. L’A. si oppone ancora una volta alle interpretazioni della filosofia politica hegeliana intesa come pensiero germinale dei totalitarismi novecenteschi, mentre sottolinea con forza, ponendosi nel solco di Dieter Henrich, il fondamento logico dello Stato hegeliano come sistema, come intero, composto da tre sillogismi (Ganzes von drei Schlüssen). Tale giustificazione speculativa è esplicita nella Scienza della Logica e nell’Enciclopedia, mentre rimane non sviluppata nei Lineamenti. Questa mancanza, all’interno dell’opera politica di Hegel, viene connessa dall’A. alla scelta della monarchia costituzionale come formazione politica adeguata alla modernità. L’assenza di una sillogistica esplicita nei Lineamenti costituisce un serio problema, la cui origine viene attribuita a diverse motivazioni: si chiama in causa la situazione politica del tempo, in cui la monarchia costituzionale poteva apparire come il miglior garante di un ordinamento stabile; si menzionano avvenimenti contingenti riguardanti la biografia di Hegel; si suppone, sottolineando comunque il carattere congetturale di tale ipotesi, un’intenzione del filosofo di aggirare la censura prussiana, ben conscio, nel compiere “l’unico passo falso logico” (p. 409) dell’opera, di aver affidato alla coerenza teoretica di altri scritti una valida alternativa. L’A. propone così una riformulazione dei Lineamenti sulla base della stessa logica hegeliana. La monarchia ereditaria si dimostra una forma speculativamente insufficiente e la rielaborazione della divisione dei poteri su base logica conduce a una diversa organizzazione dello Stato, non più fondata sul potere esecutivo del monarca, bensì sul potere legislativo del popolo e con degli esiti dai contorni democratico-repubblicani. Soprattutto a partire dal confronto con opere diverse dai Lineamenti, l’A. ritorna poi sui temi del Wissen e della Bildung, approfondendoli sotto l’aspetto dei loro più compiuti sviluppi, capaci di produrre una forma costituzionale di partecipazione democratica e consapevole (non di stampo plebiscitario) che il cittadino, formato e informato, adotta all’interno di una comunità statuale fondata, in questo modo, su un principio epistemico e meritocratico. Viene in seguito discusso il diritto all’opposizione e alla ribellione contro le diverse forme di violazione del diritto (dai soprusi contro l’ugualianza delle persone, nella sfera del diritto astratto, fino alle formazioni statuali di stampo tirannico). Viene proposto un confronto tra il sistema hegeliano dei diritti e il Grundrechtekatalog tedesco. Vengono presi in esame i rapporti tra lo Stato e la religione e tra lo Stato e il costituirsi del sapere a scienza. Si analizza quindi il diritto statuale esterno, ponendo l’attenzione soprattutto sul concetto di riconoscimento tra gli Stati. Infine, l’ultimo paragrafo è dedicato alla filosofia della storia hegeliana, alla storia del mondo come sviluppo realizzato del concetto di libertà e alla “fine della storia”.
Il libro si conclude con una breve nota in cui si ribadisce la centralità della filosofia pratica hegeliana nel contesto del pensiero filosofico moderno e in cui si evidenzia ancora una volta l’importanza di questo pensiero della libertà per il mondo contemporaneo.
Inserendosi nell’ambito del rinnovato interesse che ha riguardato negli ultimi anni la filosofia pratica hegeliana e nel novero dei tentativi di una sua attualizzazione, Das Denken der Freiheit compie un’operazione coraggiosa e originale. In una prospettiva che non intende servirsi degli strumenti propri al cosiddetto contesto analitico e senza disconoscere come reperto di un’epoca sorpassata, ma anzi arrivando a rivendicare l’orizzonte metafisico di un pensiero speculativo in senso hegeliano, l’A. tenta, con risultati convincenti, di far emergere l’attualità non solo dell’etica e della filosofia politica di Hegel, ma anche del progetto sistematico nei suoi tratti più complessivi.
Francesco Campana, Università degli Studi di Padova
La versione PDF della recensione è disponibile al seguente link: F. Campana – Review di K. Vieweg – “Das Denken der Freiheit”.
Printable Version