Nell’ambito del dibattito sul valore del sapere umanistico e della filosofia, di cui abbiamo già dato notizia con l’articolo di Luca Illetterati (apparso su “il manifesto”, 01.03.2014), siamo lieti di proporre un testo di Leonardo Caffo (Università degli Studi di Torino) a proposito del nuovo libro di Diego Marconi, Il mestiere di pensare.
I filosofi stanno al pensiero come i medici stanno ai bisturi. Il mestiere di pensare (Einaudi, 2014) di Diego Marconi consente di comprendere il senso di questa analogia.
Architettato in brevi capitoli, il libro esplora la filosofia come professione, come pratica argomentativa ma anche, e soprattutto, come disciplina scientifica con i propri standard rigorosi e inaggirabili come quelli di altre discipline a cui il senso comune attribuisce lo statuto di “scienze dure”. Non è un libro di metafilosofia (filosofia della filosofia) questo di Marconi; non è cioè una risposta a testi come Prima lezione di filosofia (Laterza, 2012) di Roberto Casati. Su questo l’autore aveva già fornito alcune idee nel suo “Tre immagini di filosofia” pubblicato, non da molto, su Rivista di Filosofia (vol. CIII, n. 3, dicembre 2012). Il mestiere di pensare è, semmai, un libro di sociologia della filosofia: un libro cioè che cerca di mostrare come la filosofia si è evoluta, quale sia stata e sia la sua distribuzione nei diversi continenti per scuole di pensiero, quale la situazione in Italia. Attraverso questa sorta di mappatura, un professionista esperto della disciplina, quale Marconi indubbiamente è, orienta il lettore in un mondo, quello della filosofia, in cui la toponomastica è tutt’altro che lineare. Perdersi, per esempio, facendo divulgazione e non ricerca (senza capirlo) è davvero semplicissimo. Marconi, infatti, non vede niente di strano nel fatto che gli “affari” dei filosofi interessino solo ai filosofi (interessa davvero a tutti conoscere la teoria del bene di Agostino? O la sua ricezione?) – senza con questo escludere che alcune questioni, per la loro natura (morale, etica, politica, ecc.), possano poi diventare argomento di discussione pubblica (ma i filosofi, a quel punto, altro non sono, secondo Marconi, che “semplici” cittadini con delle loro opinioni).
In questo percorso Marconi fa in realtà molto: spiega cosa fa un filosofo, cosa dovrebbe fare per essere davvero filosofo, in cosa si distinguono ricerca e divulgazione, storia della filosofia e filosofia e, ovviamente (per chi conosce la sua biografia), cosa caratterizza la filosofia analitica. Fa molto, inoltre, perché restituisce in qualche modo dignità scientifica al mestiere del filosofare. E lo fa anche distinguendo la filosofia come attività di ricerca – compresa (giustamente) solo da professionisti – e la filosofia che, quando non è altro, non è che divulgazione o esercizio intellettuale. In questo percorso Marconi aiuta tutti coloro che filosofi ancora non sono, ma che aspirano a diventarlo, a comprendere che servono essenzialmente due cose: studio e umiltà. Pensare (in un certo modo, filosofico, appunto) è un mestiere: va lasciato a chi ha studiato e ha gli strumenti per farlo, proprio come si lascia un figlio con l’influenza solo nelle mani di un pediatra e non di uno che, tutto sommato, dice di saperci fare.
Un’ultima cosa si evince (non scritta) dal libro di Marconi: la filosofia è una professione, certo, ma incide sulla vita di tutti e la modifica. Proprio adesso, dunque, che qualcuno vorrebbe ridimensionarne l’insegnamento, questo libro sembra ancora più importante: senza filosofia il nostro mondo non sarebbe soltanto diverso – cosa poco grave – ma anche peggiore.
Leonardo Caffo
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