Proponiamo la recensione al testo di Jürgen Habermas, Im Sog der Technokratie: Kleine Politische Schriften XII, scritta da Matteo Bozzon e apparsa nell’ultimo numero di Universa. Recensioni di filosofia. Il testo in PDF della recensione può essere scaricato al seguente link.
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Jürgen Habermas, Im Sog der Technokratie: Kleine Politische Schriften XII, Suhrkamp, 2013, pp. 194, € 12.00, ISBN 9783518126714
Nel tentativo di tratteggiare il tipo controverso dell’intellettuale moderno, che fece la sua comparsa già nel secondo quarto dell’Ottocento quando si stavano diffondendo i germi della Rivoluzione francese, Habermas scriveva in un passaggio di Europa und die Rolle des Intellektuellen che questi non era consultato in quanto esperto, bensì doveva avere il coraggio di prendere posizione su questioni normative e delineare con la sua fantasia prospettive piene di spunti nuovi, senza perdere la consapevolezza della sua fallibilità. Intellettuale che, sebbene appaia oggi sempre più indulgente rispetto al lamento del suo tramonto – così nel rimprovero di Habermas –, tuttavia non sembra aver smarrito del tutto l’unica capacità che ancora dovrebbe contraddistinguerlo ovvero il fiuto avanguardistico per ciò che conta. Tale demarcazione netta di ruoli sottopone l’interprete della presente raccolta di scritti a non poche difficoltà, poiché sono proprio i panni dell’intellettuale, e non dell’esperto, quelli che Habermas dichiara di vestire in Im Sog der Technokratie e di tale torsione specifica non si può non tener conto.
Come annunciato nella prefazione, la collana dei Piccoli scritti politici, la cui nascita risale a poco più di trent’anni fa con la pubblicazione di Kleine Politische Schriften I-IV (1981), volge con questo volume dodicesimo prevedibilmente al termine. La circostanza si presta per un interessante sguardo retrospettivo sul genere dei testi ivi raccolti e sui temi attorno ai quali ciascuno dei volumi ruota. Un primo aspetto di rilievo concerne la scelta del titolo della collana: con essa, infatti, l’A. intendeva marcare una chiara divisione di ruoli, andando a mettere ordine e distinguendo all’interno della propria produzione tra interventi e prese di posizione di un intellettuale e il lavoro scientifico del professore. I testi raccolti – per lo più precedentemente apparsi e che variano dai contributi a discussioni a discorsi occasionati da eventi pubblici, da recensioni di libri a singole lezioni universitarie, da saggi brevi a ritratti di pensatori – sono da intendersi complessivamente quali “Versuche der uneingeladenen argumentativen Beihilfe zum fortlaufenden Prozess der öffentlichen Meinungsbildung” (p.8). Il filo rosso che li unisce, invece, era ed è rappresentato dall’attualità dei temi trattati: si va così dalla riforma scolastica degli anni ’50-‘60 e dai movimenti di protesta degli anni ‘70, alla questione dell’integrazione e della costituzione europea, già al centro del precedente Ach, Europa. Kleine Politische Schriften XI del 2008 e, più in generale, dell’elaborazione teorica habermassiana a partire da Staatsbürgerschaft und nationale Identität del 1990. Una considerazione di rilievo fatta in nota e ripetuta nell’intervista Der nächste Schritt riguarda la significativa e apparentemente incoerente esclusione dalla collana sia di Die Postnationale Konstellation sia di Zur Verfassung Europas. La scelta è stata dettata dal fatto che entrambi, pur innestandosi sull’attualità, sono animati principalmente da un’interrogazione scientifica (p.8; p.117).
Nucleo centrale di quest’ultimo volume della collana è costituito pertanto dagli interventi delle parti seconda e terza intitolate rispettivamente Im Sog der Technokratie e Europäische Zustände. Fortgesetze Interventionen, su cui si tornerà di seguito. Non a caso nella recente (parziale) edizione italiana curata da Leonardo Ceppa sono tradotti proprio i testi di queste parti, anche se è da segnalare la singolare esclusione di Stichworte zu einer Diskurstheorie des Rechts und des demokratischen Rechtsstaates e l’aggiunta di Zeitgenosse Heine: »Es gibt jetzt in Europa keine Nationen mehr«. A margine dell’edizione tedesca, infine, si collocano una serie di altri scritti: quelli della prima parte, riuniti sotto il titolo Deutsche Juden, Deutsche und Juden, che concernono il rapporto tra ebrei e tedeschi sollecitando un nervo scoperto dell’autocomprensione e della coscienza politica tedesca (in cui troviamo anche il testo dedicato ad Heine); quelli della quarta parte, intitolata Momentaufnahmen, che include i quattro discorsi d’encomio dedicati al sociologo Ralf Dahrendorf, allo psicologo Michael Tomasello, al germanista Jan Philipp Reemtsma e al filosofo Kenichi Mishima, nonché il ringraziamento alla città di Monaco per il Kultureller Ehrenpreis conferito allo stesso Habermas nel 2012. L’arco di tempo in cui i testi erano precedentemente apparsi va dal 2009 al 2013.
Come emerge in diversi luoghi della riflessione successiva a Faktizität und Geltung, la questione dell’integrazione europea assume tutto il suo senso e il suo rilievo solo se collocata in un arco più ampio di riflessioni sviluppate dallo stesso Habermas a più riprese negli anni. I poli d’oscillazione della questione, compendiati nella ormai celeberrima formula costellazione postnazionale, possono essere in estrema sintesi definiti, da un lato, dal progressivo svuotamento della sovranità degli stati nazionali e, dall’altro, dall’emergenza di un nuovo ordine mondiale. A questi aspetti sono da aggiungere la trasformazione e lo squilibrio prodottisi tra politica e mercato e lo sforzo di ripensare complessivamente la democrazia su un piano transnazionale. In tal senso, benché solo in parte ri-tematizzato, la tensione e la complessità del quadro problematico appena ricordato rimangono pienamente presenti nelle prese di posizione di questo volume.
Il titolo della raccolta è tratto dall’arringa in favore della solidarietà europea intitolata appunto Im Sog der Technokratie. Ein Plädoyer für die europäische Solidarität. L’A. si riallaccia direttamente, tra gli altri, a uno degli spunti centrali del suo recente saggio Die Krise der Europäischen Union im Lichte einer Konstitutionalisierung des Völkerrechts. Ein Essay zur Verfassung Europas, in cui intendeva dimostrare, attraverso l’elaborazione del concetto di sovranità divisa, perché la forma dell’Unione europea nel Trattato di Lisbona è prossima a quella di una democrazia transnazionale. Già qui, sebbene da una prospettiva differente, venivano sottolineati i limiti della solidarietà nazionale, ormai lampanti per effetto della crisi finanziaria, e, in virtù della crisi stessa, era indicata la necessità di ripristinarla, sebbene in forma più astratta, sul piano internazionale.
Nel prendere recisamente posizione a favore di un salto quantico nell’approfondimento dell’integrazione europea, non più percorribile in chiave funzionalistica, e opponendosi all’attuale forma di federalismo esecutivo quale modello postdemocratico di esercizio del potere rafforzante una tecnocrazia senza radici democratiche – presa di posizione ribadita anche in Drei Gründe für »Mehr Europa« –, s’impone ora l’urgenza di chiarire il valore propriamente politico della solidarietà, distinguendolo da accezioni morali o giuridiche. Il salto prospettato è infatti quello in direzione dell’inclusione reciproca dei cittadini di diverse nazioni nella formazione della volontà politica comune senza cui le decisioni prese a livello europeo continueranno a mancare di legittimità.
Tale connotazione appartiene al concetto di solidarietà a partire dalla Rivoluzione Francese, quando i rivoluzionari se ne servirono per una ricostruzione salvante (rettende Rekonstruktion) dei tradizionali vincoli sociali erosi dai pervasivi processi di modernizzazione (p.109). Oggetto specifico di tale accezione politica del termine, spoglia inoltre di qualsiasi riferimento naturalistico e prepolitico, è un contesto di vita da organizzare politicamente per il futuro: la fiducia nella reciprocità solidaristica nasce tra coloro i quali condividono un comune destino futuro ovvero l’interesse per l’integrità di una comune forma di vita politica.
L’idea che il principio democratico possa essere implementato anche a livello transnazionale si trova al centro della recensione polemica di Gekaufte Zeit dell’economista Wolfgang Streeck, intitolata Demokratie oder Kapitalismus: l’obiettivo polemico di Habermas è l’opinione nostalgica di chi pensa che l’esautorazione della politica da parte dei mercati possa essere combattuta trincerandosi sul piano nazionale e di chi sottovaluta le potenzialità delle norme “costituzionali” già in vigore. Lo sforzo è allora proprio quello di mettere in luce la novità del progetto costituzionale emergente dal processo di unificazione europea – aspetto sul quale è ritornato anche di recente nel saggio apparso alla vigilia delle elezioni europee Che cosa significa transnazionalizzare la democrazia?. In tale direzione, sono di rilievo le osservazioni contenute in Das Dilemma der politischen Parteien in cui l’A., insistendo sul valore cognitivo della politica deliberativa e sull’importanza, dunque, che l’atto delle elezioni sia associato a un pubblico processo di formazione dell’opinione e della volontà, sottolinea la necessità di un nuova modalità politica che l’attuale situazione straordinaria richiede alle élites politiche.
Nel testo dalla più alta densità teorica contenuto nella raccolta, ovvero il summenzionato Stichworte zu einer Diskurstheorie des Rechts und des demokratischen Rechtsstaates, emerge la continuità che lega la critica all’opzione tecnocratica dell’unificazione europea e il tema della costituzionalizzazione del diritto internazionale all’approccio teorico discorsivo al diritto ed allo Stato democratico di diritto elaborato in Faktizität und Geltung. È proprio la peculiarità di tale approccio che consente sia di enucleare gli elementi caratterizzanti una società democratica giuridicamente costituita sia di rendere pensabile una loro ricombinazione al di là della dimensione nazionale.
Questo però non può che sollevare la domanda se in tale modo si riesca effettivamente a pensare diversamente il potere e la sua legittimazione all’altezza delle trasformazioni presenti, se è vero, ad esempio, che tratto distintivo e costitutivo di una realtà politica diversa da quella dello Stato, come l’Europa, è la pluralità dei soggetti politici. Se l’idea guida che sta alla base dello Stato democratico di diritto ricostruito in Faktizität und Geltung è quella dell’auto-costituzione per via deliberativa di una associazione di liberi e uguali, non rischia proprio tale idea di neutralizzare uno spazio politico costituito di differenze quale quello europeo o, più oltre, della società mondiale? L’omogeneità del popolo, che certo Habermas fin dalla polemica con Dieter Grimm rifiuta quale precondizione delle costituzioni moderne, non potrebbe proprio essere intesa come un effetto dei concetti usati per pensarlo?
Tale ambiguità affiora per certi versi anche dal concetto politico di solidarietà enucleato da Habermas e pone il problema della continuità con la tradizione del costituzionalismo moderno entro la quale egli pretende di collocarsi. La categoria di solidarietà ha il merito di conferire rilevanza ai problemi della relazione e del riconoscimento senza cui l’Europa appare difficilmente pensabile. L’obbligazione di solidarietà tra le parti e la fiducia nella reciprocità non nascono però solo dalla condivisione di uno stesso destino futuro, ma dall’impossibilità che tale destino sia accessibile a una parte a scapito delle altre. Ciò significa che ci sono delle parti determinate e costitutive dell’Europa che, anche se come parti, devono essere valorizzate politicamente. Non è proprio questo uno degli aspetti dell’inattuale attualità delle parole di Heine – ricordate nel saggio citato sopra – che nel 1828 durante un viaggio a Genova scriveva: “es gibt jetzt in Europa keine Nationen mehr, sondern nur Parteien” (p.47)?
In ogni caso, per lo sforzo di reinterpretazione delle categorie politiche moderne che accompagna le prese di posizione, così come per le contro-questioni che esso solleva, anche quest’ennesimo appassionato contributo di Habermas al dibattito sull’integrazione e sulla costituzione europea si rivela essere un luogo di transito tra i più significativi e stimolanti.
Matteo Bozzon, Università di Padova, Humboldt-Universität zu Berlin
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