Proponiamo la recensione del testo di Ludwig Siep, Anerkennung als Prinzip der praktischen Philosophie. Untersuchungen zu Hegels Jenaer Philosophie des Geistes, scritta da Armando Manchisi e apparsa sull’ultimo numero di Universa. Recensioni di filosofia. Il testo PDF della recensione può essere scaricato al seguente link.
Ludwig Siep, Anerkennung als Prinzip der praktischen Philosophie. Untersuchungen zu Hegels Jenaer Philosophie des Geistes, Felix Meiner Verlag, 2014, pp. 341, € 22.90, ISBN 9783787325245
È senz’altro significativa la decisione dell’editore Meiner di ripubblicare, a 35 anni di distanza, una nuova edizione di questa opera di L. Siep. Il testo originale, infatti, risale al 1979 e da allora ha indubbiamente segnato il dibattito filosofico, non solo relativamente agli studi hegeliani. Novità di questa edizione sono l’aggiunta di una bibliografia aggiornata e l’inserimento di un prezioso “Saggio introduttivo”. Considerato lo status di classico che ormai questo studio ha raggiunto (il che ha portato anche a una traduzione italiana), mi occuperò dei temi centrali dell’opera, ormai largamente digeriti dalla critica, meno di quanto meritino effettivamente, per dedicare più spazio alla nuova introduzione.
Come sottolineato dallo stesso A. (pp.15-16), il testo originale voleva essere un contributo a due differenti contesti. Il primo era quello della cosiddetta Rehabilitierung della filosofia pratica che ha impegnato il dibattitto tedesco dagli anni ’60: il tentativo dell’A. era mostrare come Hegel, a Jena, mediante la sua peculiare teoria del riconoscimento avesse rinnovato la filosofia pratica classica in un senso ancora valido e ricco di interesse. Sotto un altro aspetto, invece, il volume si inseriva in quel fiorire di studi che fece seguito all’edizione degli scritti jenesi a cura dello Hegel-Archiv e che contribuì in maniera essenziale a “ripulire” l’immagine di Hegel da una lunga serie di pregiudizi.
Lo studio di Siep si articola in cinque capitoli. Il primo delinea l’“impalcatura teorica” delle analisi del libro, facendo distinzione fra due livelli del riconoscimento. Il primo livello è quello della relazione tra autocoscienze, intesa come “sintesi di amore e lotta”, ovvero dinamica di incontro/scontro fra individui. Il secondo, invece, esprime l’interazione fra gli individui stessi e quel “Sé universale” che si oggettiva in costumi, regole e istituzioni. A fronte di queste analisi, l’A. rintraccia – ed è una delle tesi più importanti del suo studio – un’asimmetria di fondo in questo secondo livello: in Hegel, i diritti dell’individuo nei confronti dello Stato non sono proporzionati rispetto al potere di quest’ultimo, di modo che non si può davvero parlare di “reciprocità” (p.153).
Il secondo capitolo è dedicato all’operazione, attuata da Hegel negli scritti jenesi, di un “rinnovamento della filosofia pratica”. Particolarmente importante per l’A. è sottolineare la capacità della filosofia hegeliana di conciliare i caratteri fondamentali del pensiero aristotelico (l’unità di etica, politica ed economia) con il concetto trascendentale di libertà sviluppato da Kant e Fichte.
Nel terzo e quarto capitolo, l’A. cerca di mettere in luce in modo più esplicito il ruolo di “principio” della filosofia pratica attribuito da Hegel al riconoscimento. Con riferimento alla Fenomenologia dello spirito, nel terzo capitolo viene stabilita una connessione fra riconoscimento ed “esperienza della coscienza”, quest’ultima intesa come quella successione di figure dello spirito pratico che è anche il “metodo” della Fenomenologia (p.225). L’importanza di questo metodo è quella di mostrare la possibilità di una critica dei costumi e delle istituzioni che sia al contempo loro ricostruzione genetica ed esposizione sistematica. Nell’importante capitolo quarto, poi, Siep indica tre problemi della filosofia pratica cui il principio del riconoscimento dovrebbe far fronte: 1. organizzare il sistema delle istituzioni in un processo che sia anche misura della loro razionalità; 2. comprendere questo processo all’interno di una “storia della formazione della coscienza”; 3. cogliere come la genesi delle istituzioni non sia altro che la loro determinazione nel processo storico del “giungere a sé” dello spirito (p.258).
Il quinto e ultimo capitolo traccia poi un bilancio finale. In particolare, per l’A. è importante ribadire le asimmetrie del riconoscimento fra individuo e Stato, di cui ora si individua una causa essenziale in una visione teleologica dello sviluppo storico. Questa visione deve quindi essere superata in vista di una filosofia pratica dalle premesse più “deboli” rispetto a quella di Hegel (p.281), ma che mantenga immutate le sue ambizioni.
Ora: se questa era la proposta del volume alla sua apparizione nel ‘79, il panorama degli studi, molto grazie al lavoro di Siep, è da allora senz’altro cambiato, di modo che si rende possibile tracciarne un bilancio. A questo compito assolve il lungo “Saggio introduttivo”, intitolato quindi significativamente “Riconoscimento e filosofia pratica oggi”. Il saggio è suddiviso in tre parti: nella prima, l’A. compie un’analisi generale delle idee del libro, cercando di contestualizzarle tanto nel panorama della prima edizione, quanto in relazione al dibattito contemporaneo; nella seconda parte vengono considerate alcune tendenze centrali della recente discussione intorno al problema della Anerkennung; nella terza e ultima parte, infine, si analizzano “fecondità e limiti” del principio del riconoscimento in relazione a tre problemi della filosofia pratica contemporanea: pluralismo culturale, economia di mercato, relazione della civiltà tecnica con la natura.
La prima parte del saggio si intitola “Riconoscimento e rinnovamento della filosofia pratica”. Avendo già fatto riferimento al contesto in cui lo studio apparve e ai suoi argomenti principali, tralascerò queste pagine. È certo importante che sin da subito l’A., pur non negando l’importanza della filosofia hegeliana per il pensiero contemporaneo, affermi la propria presa di distanza da una sua riproposizione acritica nel contesto attuale. In particolare, per l’A. difficilmente possiamo accettare la preminenza spirituale rispetto ai singoli cittadini affidata da Hegel allo Stato, nonché il ruolo che esso gioca nel processo teleologico della storia. Perciò ricorda che “per Hegel il fine ultimo dello Stato non è la ‘libertà comunicativa’ di riconoscimento fra individui” (p.13), come sembrano pensare molti autori contemporanei; il che deriva, a ben vedere, dalla difficoltà di separare il principio hegeliano di Anerkennung dalla sua metafisica dell’assoluto.
La seconda parte del saggio si intitola “Teoria del riconoscimento oggi” e parte dall’assunzione che il discorso contemporaneo intorno al riconoscimento non si limiti più alla tradizione hegeliana, avendo ormai assunto una dimensione che interessa contesti e lingue assai differenti fra loro, che ne ampliano perciò la portata concettuale (p.21). Sulla scorta di queste riflessioni, l’A. considera tre tendenze fondamentali che, a partire da Hegel, possono contribuire al dibattito odierno. 1. Un primo punto è l’analisi dei rapporti di riconoscimento, intesi come presupposto per un’autocoscienza individuale. Elemento per un certo verso innovativo nelle teorie contemporanee è l’accento posto sul ruolo del linguaggio e della comunicazione, come ad es. in R. Brandom (p.23). È significativo come per Siep le idee dell’idealismo tedesco mantengano tuttavia un potenziale critico per il presente. Ad es., esse ci aiuterebbero a mettere in discussione il presupposto delle teorie contemporanee per cui “le relazioni di riconoscimento sono un conflitto permanente sull’interpretazione dei criteri determinanti per il riconoscimento dello status sociale e politico di individui e gruppi” (p.24). Per una filosofia pratica che si occupa di diritti fondamentali e della loro tutela istituzionale ciò risulta inaccettabile. 2. Secondo punto considerato è il ruolo delle istituzioni come condizioni di autostima e solidarietà nelle relazioni di riconoscimento. In questa analisi Siep si pone soprattutto in dialogo con le ricerche di A. Honneth e con la sua proposta di considerare tre forme di integrazione sociale nella società contemporanea: amore, diritto e solidarietà (p.25). Per l’A., tuttavia, difficilmente queste tre forme stabili di “eticità” possono essere adeguate a una società e a un’economia tanto flessibili quanto quelle contemporanee. 3. Al terzo punto, infine, Siep riprende l’idea di un’analisi delle istituzioni che, pur avvalendosi della nozione hegeliana di storia dell’esperienza della coscienza, faccia a meno di una teleologia “forte”. In questa direzione, particolarmente interessante è la proposta di R. Jaeggi di una “correzione” del metodo hegeliano in una “critica immanente delle forme di vita” (p.28), per quanto rimanga problematico, tuttavia, se comprendere questo metodo, fondato su una “teleologia debole”, possa ancora dare senso all’idea di “progresso”. La soluzione proposta da Siep è una formulazione del processo dell’esperienza della coscienza in senso “ancora più pragmatista” che in Jaeggi (p.30).
Nella terza e ultima parte del saggio, infine, l’A. sottopone il principio di riconoscimento alla prova di tre sfide della filosofia pratica contemporanea: il pluralismo, il mercato e la relazione tecnica alla natura. 1. Le teorie dell’idealismo tedesco vennero formulate in relazione a un mondo culturalmente ben più “omogeneo” dell’attuale, per cui è necessario ripensare, nelle moderne società democratiche, il concetto di Anerkennung (p.35). Un tentativo in tal senso è quello di C. Taylor, le cui analisi sul multiculturalismo trovano nel riconoscimento la dinamica-chiave per la formazione di identità che risolva la tensione fra il rispetto per i diritti individuali e la sopravvivenza di tradizioni. Siep poi propone 5 “gradi” di riconoscimento per una civiltà pluralistica: abbandono della violenza, non discriminazione, tolleranza, solidarietà e amicizia (p.37). Tuttavia, il livello più alto è indicato nell’“interesse e impegno alla risoluzione di compiti comuni” (p.38). 2. Altrettanto inaggirabile per una teoria contemporanea del riconoscimento è il confronto con l’economia di mercato, confronto cui la teoria critica di Habermas e Honneth ha dato grandi contributi. Subito Siep però ricorda come per Hegel questo argomento fosse, in quanto “sistema dei bisogni”, solo una parte della più ampia trattazione della società civile, nella quale venivano indicate tre forme di riconoscimento interpersonale: adeguamento, consenso al diritto della persona e apprezzamento nel lavoro. Ma l’A., prima ancora di passare in rassegna queste tre forme, dichiara subito quanto gli sembri “illusorio riagganciarsi a questa idea nelle moderne condizioni dell’economia di mercato” (p.41), sia per il notevole cambio di contesto socioeconomico, sia per le difficoltà che si presentano nel ricavarne le necessarie implicazioni morali. Di conseguenza, per Siep una teoria critica della società che voglia sviluppare la “dialettica della società civile” può oggi difficilmente richiamarsi a Hegel (p.44). 3. Il terzo problema col quale, secondo l’A., è importante che una filosofia pratica contemporanea si confronti è quello del rapporto con la natura, sia psico-fisica, sia intesa come natura “esterna”. Siep fa subito notare come la svolta “culturalista” di un certo neopragmatismo che si richiama alla nozione hegeliana di Geist sia inaccettabile se si vuole porre correttamente questo problema, particolarmente urgente nell’epoca della biotecnologia (p.48). E nonostante alcuni tentativi di formulare rapporti di riconoscimento anche in relazione all’ambiente e agli animali, difficilmente in queste dinamiche si può giungere a livelli sufficienti di reciprocità e simmetria. L’A. propone perciò una riflessione etica che superi la prospettiva antropocentrica e si concentri sul problema del bene: senza questa prospettiva, si conclude il saggio, “il riconoscimento non basta come principio della filosofia pratica” (p.53).
L’idea alla base del bilancio di Siep nel nuovo “Saggio introduttivo” può a mio parere essere riassunta in quest’ultima affermazione, dove l’accento va posto su quel “bastare”: il riferimento a Hegel può fornire insegnamenti ancora preziosi e fondamentali, ma dev’essere assunto in modo critico e, soprattutto, “integrato” da prospettive maggiormente all’altezza delle sfide attuali. Per la sua capacità di confrontarsi con il presente ed essere, dove necessario, anche autocritico, Siep si mostra ancora un grande maestro, al contempo raffinato interprete e profondo pensatore.
Armando Manchisi. Università degli Studi di Padova
Bibliografia
Axel Honneth, Lotta per il riconoscimento. Proposte per un’etica del conflitto, a cura di C. Sandrelli, Il Saggiatore, 2002.
Rahel Jaeggi, Kritik von Lebensformen, Suhrkamp, 2013.
Ludwig Siep, Anerkennung als Prinzip der praktischen Philosophie. Untersuchungen zu Hegels Jenaer Philosophie des Geistes, Alber, 1979 (trad. it. Il riconoscimento come principio della filosofia pratica. Ricerche sulla filosofia dello spirito jenese di Hegel, a cura di V. Santoro, Pensa Multimedia, 2007).
Ludwig Siep, Praktische Philosophie im Deutschen Idealismus, Suhrkamp, 1992.
Ludwig Siep, Konkrete Ethik. Grundlagen der Natur- und Kulturethik, Suhrkamp, 2004.
Ludwig Siep, “Il concetto hegeliano di riconoscimento e la sua ricezione contemporanea”, Archivio di Filosofia, 2009, 2-3, pp. 233-242.
Ludwig Siep, Aktualität und Grenzen der praktischen Philosophie Hegels. Aufsätze 1997-2009, Fink, 2010.
Charles Taylor, “La politica del riconoscimento” in Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, a cura di L. Ceppa e G. Rigamonti, Feltrinelli, 1998, pp. 9-62.
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