Siamo lieti di annunciare l’uscita del nuovo numero della rivista diretta da Massimo Barale e Claudio La Rocca “Studi Kantiani”. Di seguito, pubblichiamo l’editoriale del volume, disponibile, in formato PDF e con l’indice completo del numero, anche a questo link.
“STUDI KANTIANI” XXVI 2013 – EDITORIALE
«Studi kantiani» può guardare indietro a 25 anni di pubblicazione. Non è un traguardo di poco conto, per una rivista di questo tipo. Se questo è stato possibile, il merito va naturalmente al fondatore, Silvestro Marcucci. L’esistenza di una rivista filosofica dedicata al pensiero di Kant può sembrare oggi un dato naturale, ma di certo non lo era nel momento in cui fu ideata e realizzata. Nel 1988, anno del primo numero, si trattava della prima pubblicazione periodica in ambito internazionale che si affiancasse, nell’offrire un luogo di approfondimento dedicato alle tematiche kantiane, alla celebre e davvero storica rivista tedesca «Kant-Studien», che aveva iniziato il suo percorso nel 1896. Il fatto che dal 1988 (ma solo a partire dal 1998) siano nate altre riviste specialistiche dedicate al pensiero di Kant – nel 2014 saranno dieci complessivamente[1] – mostra da un lato la difficoltà di una impresa pionieristica, dall’altro la lungimiranza di chi l’ha iniziata.
L’intento della rivista era naturalmente anche quello di valorizzare la ricerca kantiana italiana, offrendole un suo spazio specialistico, un luogo di confronto, uno strumento per concentrare gli sforzi, per così dire. Si voleva offrire anche un contributo di informazione, cosa cui è stato dedicato in particolare il Bollettino bibliografico, che rende conto delle pubblicazioni in lingua italiana (anche di autori non italiani) e di autori italiani in altre lingue. Ma fin dal principio non si intendeva proporre un orizzonte ‘locale’ o nazionale: non solo la presenza nel comitato scientifico, accanto a studiosi italiani,[2] di nomi come quelli di Klaus Düsing e Norbert Hinske (in un periodo in cui comitati e presenze internazionali non erano né di moda né ‘prescritti’), ma anche l’esplicita dichiarazione di voler ospitare contributi, oltre che in italiano, in francese, inglese, spagnolo e tedesco, indicavano come si volesse proporre un luogo di comunicazione tra la ricerca kantiana italiana e quella internazionale, e non semplicemente per la ricerca italiana. Questa linea è stata proseguita e rafforzata con il passare degli anni e non si rispecchia soltanto nelle lingue di pubblicazione, e nel bacino di provenienza degli autori,[3] ma anche nel tentativo di render conto quando e quanto possibile, nelle recensioni, nelle discussioni, di studi in altre lingue, oltre quelle più di consueto considerate nella Kant-Forschung, come il tedesco e l’inglese: quelle previste per la pubblicazione, ma anche il portoghese. Questo è tanto più giustificato dagli sviluppi recenti della ricerca kantiana, nella quale tradizioni nazionali più vaste e plurali si presentano in primo piano. Ricordiamo solo – davvero pars pro toto – la ricerca kantiana in Brasile, il cui ruolo è stato riconosciuto anche dall’organizzazione a São Paulo, nel 2005, del X. Internationaler Kant-Kongress della Kant-Gesellschaft, con la Sociedade Kant Brasileira; e quella di lingua spagnola, ora collegata nella SEKLE (Sociedad de Estudios Kantianos en Lengua Española), che riunisce studiosi di molti paesi e ha tenuto il suo primo importante congresso in Colombia nel novembre 2012.
Il contesto della ricerca kantiana e quello filosofico in generale è piuttosto cambiato dagli anni della fondazione della rivista, in un senso che non ne smentisce ma ne rafforza gli assunti di fondo. La letteratura kantiana, già vastissima nel 1988,[4] merita sempre di più quell’aggettivo tedesco che spesso si sente usare, e che ne esprime bene la natura: unüberschaubar, impossibile da abbracciare con uno sguardo. La sua crescita, tuttavia, non è solo quantitativa: il livello di penetrazione analitica, di accertamento filologico, di capacità di interlocuzione teorica è senz’altro cresciuto, così come la capacità di far parlare anche materiale testuale (il Nachlass, le Vorlesungen) in passato in misura minore posto al centro dell’attenzione. Edizioni, traduzioni, Indices, risorse elettroniche, lessici[5] offrono importanti nuovi strumenti. Ma ha acquisito un rilievo ulteriore anche il ruolo della filosofia di Kant, dei modelli di pensiero che offre, delle tradizioni teoriche che ad essi si riallacciano e che li discutono. Se venticinque anni fa, in particolare in alcuni ambiti del pensiero anglosassone, il pensiero di Kant era distante dalla discussione filosofica, quando non bandito, ora, quali che siano le posizioni teoriche assunte, è più difficile trovare chi consideri il riferimento ad aspetti della filosofia critica come un gesto in partenza obsoleto e superfluo. Dalla riflessione etica, a quella politica, fino alle scienze cognitive, qualche forma di confronto con Kant è oggi ineludibile. Non si tratta, naturalmente, di un ennesimo ‘ritorno a Kant’: piuttosto, è divenuto più diffusamente evidente quanto forse già sempre percepibile, ossia che i due estremi dello «zurück zu Kant!» e del «goodbye, Kant!», con i loro punti esclamativi, occultano la natura più piana di punto fermo che Kant rappresenta per il pensiero degli ultimi due secoli, rispetto al quale ogni sforzo di comprensione e di confronto critico non può risultare inutile.
Con il superamento dei primi venticinque anni della rivista e nel nuovo contesto sopra accennato la Direzione ha ritenuto di introdurre qualche modifica. Dal punto di vista dei contenuti, pur mantenendo vivi gli scopi originari,[6] si cercherà di dare spazio anche a lavori il cui debito con pensiero di Kant o suoi sviluppi risulti significativo ma che si caratterizzino anche per un impegno teorico più diretto. La pubblicazione in questo fascicolo di due interviste ad importanti filosofi contemporanei, Robert Brandom e John Searle, oltre ad essere un modo per ricordare e riprendere le tematiche che hanno segnato l’XI. Internationaler Kant-Kongress tenuto a Pisa nel 2010, di cui sono di recente apparsi gli Atti, vuole segnalare anche l’accento su questo spazio di ricerca. Sarà mantenuta la tradizionale divisione tra una sezione di Studi ed una di Miscellanea, contenente contributi di natura più varia; nella seconda si cercherà di privilegiare maggiormente la discussione approfondita di pubblicazioni recenti, coinvolgendo quando possibile anche gli autori discussi in un confronto critico a più direzioni. Anche i contributi di questa sezione conterranno un abstract in inglese, prima presente solo nella sezione Studi.
La Direzione ha sempre ritenuto che una rivista specialistica debba prevedere recensioni approfondite e argomentate; la recensione è un genere sottovalutato negli ultimi tempi, che ha invece una funzione culturale di rilievo e rappresenta una tipologia di lavoro scientifico che andrebbe difesa e rilanciata. La sezione Recensioni resterà dunque sostanzialmente immutata. Tuttavia, la crescita quantitativa della letteratura kantiana, insieme all’impegno di cercare di informare sulla produzione in diverse lingue – che non può diminuire, ma va semmai rafforzato – hanno portato alla decisione di affiancare alla sezione contenente recensioni una di più brevi Schede, con una funzione prevalentemente informativa, pur lasciando la possibilità di occasionali indicazioni critiche, necessariamente meno argomentate, che costituiscano anch’esse una prima informazione per il lettore.
Viene mantenuto infine il Bollettino bibliografico: la raccolta ed elencazione delle pubblicazioni su Kant che fanno riferimento all’ambito linguistico italiano resta a nostro avviso non soltanto un modo per valorizzarle, ma uno strumento utile allo studioso che pratica la lingua italiana, nonostante la presenza di utili servizi di informazione bibliografica specificamente in ambito kantiano (primo tra tutti il Bibliographischer Informationsdienst della Kant-Forschungsstelle dell’Università di Mainz),[7] ai quali parte della produzione italiana tuttavia può sfuggire. Si è ritenuto però di rinunciare agli abstract dei contenuti, previsti prima per alcuni titoli scelti nel Bollettino, non tanto per l’espansione quantitativa dei lavori da considerare, ma perché sono ormai sempre più frequentemente disponibili in rete abstract o preview, parziali e non, degli articoli, che rendono molto più facile che in passato ottenere una prima informazione sui contenuti in essi trattati. Rispetto ai volumi, la sezione Schede potrebbe poi in prospettiva, potenziandone la parte dedicata a libri italiani, riprendere alcune informazioni prima fornite nel Bollettino.
Non si può evitare, infine, di fare riferimento ad un elemento del mutato contesto culturale in cui si inserisce oggi la vita di questa come delle altre riviste scientifiche. In ambito internazionale, e in Italia in particolare negli ultimi anni, si sono diffuse pratiche istituzionalizzate di valutazione della ricerca scientifica, realizzate in molti casi con l’introduzione di metodi di misurazione basati su indicatori ‘oggettivi’, con l’utilizzo di tecniche cosiddette bibliometriche. L’ambito delle scienze sociali ed umane è stato tradizionalmente quello in cui, per molti motivi – legati prevalentemente alle peculiarità del lavoro scientifico in questi campi, ma non solo (un ruolo hanno avuto, ad esempio, la natura delle banche dati utilizzate, spesso insufficienti fuori dal campo delle scienze ‘dure’) – le tecniche bibliometriche non sono state adottate. Tuttavia, la ricerca di parametri da ritenersi ‘oggettivi’ – con l’uso di una nozione di oggettività spesso filosoficamente ingenua o acritica – ha portato a tentativi di classificazione di riviste, da tradurre in rating, che potessero fare da supporto almeno integrativo a procedure di valutazione basate sulla revisione tra pari. Non è possibile tracciare ora neanche per cenni la storia di simili tentativi, che sono andati incontro in ambito internazionale ad alterne fortune e a critiche serrate. Non si può però non ricordare il lato italiano di queste vicende, che hanno subito da noi una accelerazione con il diventare operativa dell’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca (ANVUR) e poi, in particolare, con le due procedure nelle quali il ruolo dell’ANVUR è stato centrale: l’esercizio di valutazione della qualità della ricerca (VQR) 2004-2010, e la prima tornata della Abilitazione Scientifica Nazionale. L’ANVUR ha ritenuto, per i settori disciplinari che sono stati definiti ‘non bibliometrici’, di realizzare un rating delle riviste scientifiche delle diverse aree e dei diversi settori che si traducesse nell’individuazione di un certo numero di riviste di «fascia A». Questo rating andava utilizzato, per la VQR, come criterio orientativo per i revisori (secondo la cosiddetta informed peer review), per la ASN invece per la definizione di una delle tre ‘mediane’ di produzione scientifica che indicavano precondizioni di selezione per i componenti delle Commissioni e, in modi diversi, per i candidati stessi. Non è questo il luogo per entrare nella complessa discussione su questi temi che si è svolta e si svolge in Italia e, per gli aspetti più generali, all’estero. I direttori di questa rivista hanno contribuito alla riflessione che la Società Italiana di Filosofia Teoretica ha svolto sul tema del rating delle riviste e quanto ad esso collegato, e hanno condiviso le posizioni e le proposte poi da essa assunte.[8] Riteniamo che strumenti di classificazione valutativa che introducano un rating ‘ufficiale’ con conseguenze anche giuridiche causino una distorsione delle pratiche di ricerca e di pubblicazione, anche con modificazioni del mercato editoriale, che nessun beneficio atteso (sostanzialmente illusorio) può giustificare. Una volta istituzionalizzata la «fascia A», tuttavia, in base ai criteri sussistenti la Direzione ha ritenuto di richiedere l’inclusione in tale rating di questa rivista. Secondo le procedure di revisione dell’ANVUR è stata riconosciuta l’inclusione in fascia A per i fini VQR e (la procedura si è appena conclusa) anche per i fini ASN. Ciò non impedisce di ribadire che a nostro avviso la valutazione di un prodotto culturale complesso come una rivista scientifica non può avvenire attraverso pagelle e classifiche e non può essere opera di alcuno Stato e di alcuna Agenzia centrale, comunque concepita, ma va lasciata al mobile, plurale, articolato ed informato giudizio del mondo culturale stesso. Perché soprattutto questo giudizio sia positivo e resti tale intendiamo moltiplicare in futuro il nostro impegno.
Massimo Barale · Claudio La Rocca
[1] Nel 1998 sono nati la «Kantian Review» anglosassone e gli «Studia Kantiana» brasiliani, nel 2000 la rivista giapponese «Nihon Kantkenkyu»; «Kant E-prints», rivista online, anch’essa edita in Brasile, è apparsa nel 2002, il «Kant Yearbook» (direzione in Lussemburgo, pubblicato in Germania) nel 2009. Più di recente hanno iniziato le pubblicazioni altre due riviste telematiche, «Kant Studies Online», inglese, nel 2011, e «Estudos Kantianos» (Marília, Brasile), nel 2013; nel 2014 apparirà il primo numero di «Con-Textos Kantianos (International Journal of Philosophy on-line)», edito in Spagna.
[2] Sia consentito di ricordarli, perché sono nomi che parlano da sé: Luciano Anceschi, Francesco Barone, Claudio Cesa, Emilio Garroni, Leo Lugarini, Vittorio Mathieu, Guido Morpurgo-Tagliabue, Luigi Pareyson, Valerio Verra.
[3] Sono stati pubblicati articoli di autori da Argentina, Brasile, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Olanda, Russia, Spagna, USA.
[4] La Kant-Bibliographie 1945-1990, curata da Margit Ruffing (Frankfurt a. M., Klostermann, 1999), registra per quell’anno 569 titoli.
[5] È in preparazione (uscirà nel 2015) presso l’editore de Gruyter un Kant-Lexikon in tre volumi (a cura di M. Willaschek, J. Stolzenberg, G. Mohr, S. Bacin) che conterrà oltre 2400 lemmi.
[6] Vogliamo ricordare quelli indicati nel numero I del 1988: «…pubblicare, con cadenza annuale, studi i quali, in modo diretto o indiretto, si riallacciano alla tematica kantiana. Vengono editi lavori miranti alla chiarificazione di aspetti ancora inesplorati dal pensiero del grande filosofo tedesco e, contemporaneamente, studi su autori che si rifanno al criticismo kantiano e che presentano all’interno del loro pensiero aspetti di “kantismo” inteso in senso molto lato, completamente disconosciuto, oppure solo parzialmente studiato. Impegno storico e teorico caratterizzano la rivista».
[7] Cfr. http://www.kant.uni-mainz.de/bibliographie/bid.html. Ricordiamo che anche il nostro Bollettino bibliografico è reso disponibile in rete, a partire dal 2002 (http://www.libraweb.net/riviste.php?chiave=29&h=432&w=300).
[8] I documenti relativi si possono leggere su www.teoretica.it/documenti.