C’è arte che parla (anche) di cibo, come I mangiatori di patate di Van Gogh o La grande abbuffata di Ferreri. C’è cibo carico di qualità formali che sono oggetto di apprezzamento estetico: oggi siamo sempre più attenti a come il cibo è presentato nel piatto. Ci sono poi le creazioni eccezionali dei grandi chef come Ferran Adrià, che mirano a emozionarci e farci provare nuove esperienze e che sono state riconosciute come opere d’arte all’interno del circuito internazionale dell’arte. Ma c’è spazio, entro questi confini, per l’apprezzamento del cibo cucinato, in quanto tale, come arte? Nicola Perullo, nel suo nuovo volume La cucina è arte? (Carocci 2014), sostiene che abbiamo bisogno di guardare oltre questi tre paradigmi per comprendere in che senso il cibo può essere arte proprio in quanto cibo. La sua proposta innovativa si articola in nove tesi:
1) La cucina può essere arte se c’è una cucina che non è arte;
2) La cucina può essere arte se si intende arte nel suo duplice senso;
3) La cucina può essere arte se ci si libera dal dominio della percezione visiva;
4) La cucina può essere arte se il quotidiano e l’ordinario non ne sono la negazione;
5) La cucina può essere arte se non si riduce il gusto a emozione e concetto;
6) La cucina può essere arte se si intende arte sia come fascinazione del nuovo sia come richiamo del noto;
7) La cucina può essere arte se attraversa la questione di genere;
8) La cucina può essere arte se autore e firma sono cristallizzazioni di relazioni;
9) La cucina può essere arte se si intende come arte ambientale e convivialità.
Gabriele Tomasi, docente di Storia dell’Estetica all’Università di Padova ed Elisa Caldarola, assegnista di ricerca presso la stessa università, ne discutono con l’autore venerdì 28 marzo alle ore 18 alla libreria IBS in Via Zabarella 63, Padova.
Per visualizzare la locandina dell’evento clicca qui.
L’evento è organizzato in collaborazione con IBS, l’ufficio Progetto Giovani del Comune di Padova e la pasticceria Racca.
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