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Classical german philosophy. University of Padova research group

Book Review: Axel Honneth, “L’Idea di socialismo. Un sogno necessario” (Eleonora Cugini)

Proponiamo la recensione del testo di Axel Honneth, L’Idea di socialismo. Un sogno necessario, scritta da Eleonora Cugini e apparsa sull’ultimo numero di Universa. Recensioni di filosofia (Anno 6, vol. 1 – 2017). Il testo PDF della recensione è disponibile qui.


Axel Honneth, L’Idea di socialismo. Un sogno necessario, Feltrinelli, 2016, pp. 160, € 18, ISBN 9788807105203

Eleonora Cugini, Università degli Studi di Padova


Sono due i motivi che hanno condotto Honneth a scrivere questo libro.

La prima motivazione è quella di voler “dimostrare che nel socialismo vi è ancora una scintilla viva” che è possibile scorgere solo “separando nettamente l’idea guida del socialismo dal suo guscio concettuale, radicato nel terreno del primo industrialismo, e trasporla in un nuovo quadro teorico sociologico” (p.10).

La seconda motivazione risiede invece nell’intenzione dell’A. di voler dare un compimento al suo precedente lavoro, Il diritto della libertà (2011, tr.it. 2016), per così rispondere alle numerose critiche ricevute sull’approccio metodologico utilizzato in quel voluminoso studio. La discussione attorno a quel testo fu talmente ampia e articolata, infatti, che le fu dedicato un intero numero monografico della rivista Critical Horizon, in cui non pochi studiosi accusano Honneth di aver aderito a una prospettiva più simile a quella della “destra hegeliana” che alla teoria critica (p.10).

L’A. è deciso quindi a offrire ne L’idea di socialismo una rotazione di prospettiva della metodologia della “ricostruzione normativa”, che ne Il diritto della libertà era assunta da un punto di vista interno, per mostrarne ora piuttosto la capacità di articolare un “ordinamento sociale completamente diverso” (p.10), che Honneth, per tranquillizzare i suoi critici e non correre il rischio di essere ulteriormente frainteso, chiama “socialismo”.

La constatazione di partenza del libro è che l’indignazione e il malessere oggi così ampiamente diffusi, determinati dalla situazione socio-economica e politica e dalle condizioni del lavoro, sembrano avanzare una critica non ancorata ad alcun obiettivo, così che essa resta ripiegata su stessa. Secondo l’A. non è possibile imputare questa mancanza di prospettive future di miglioramento della società né al crollo dei regimi comunisti, né alla repentina trasformazione del nostro tempo storico con l’entrata nella “postmodernità”, né, infine, a una diffusa concezione feticista e reificata dei rapporti sociali. Honneth è intenzionato piuttosto a ricercarne le motivazioni all’interno dell’idea stessa di socialismo (capitoli I e II) per poi intraprendere un “tentativo volto a contribuire al rilancio delle idee ormai antiquate attraverso talune innovazioni concettuali” (p.18) (capitoli III e IV).

Nel capitolo I troviamo una ricostruzione della formazione dell’idea originaria di socialismo. Honneth sostiene che secondo i “primi socialisti” il mercato capitalistico impediva a una larga parte della popolazione di godere le libertà promesse dalla Rivoluzione francese e così fondano “la loro critica dell’espansione dell’economia di mercato sul fatto che nei suoi fondamenti istituzionali vedono riflessa una concezione della libertà determinata dal perseguimento di interessi eminentemente privati” (p.25). Da ciò emerge la contraddizione interna alle istanze della Rivoluzione francese, ossia quella del perseguimento della fraternità, cioè della cooperazione solidale, mediante una libertà che è intesa solo come egoismo privato “qual è riflesso nei rapporti di concorrenza del mercato capitalistico” (p.26). Da ciò l’A. desume che il socialismo è fin dalle origini un “movimento di critica immanente del moderno ordinamento sociale di tipo capitalistico” che intende ripensare la libertà “in senso meno individualistico, e dunque insistendo con maggior decisione in direzione di una sua applicazione di taglio intersoggettivo” (p.27). Chi però per la prima volta compie un passo concreto nella direzione di stabilire un legame della libertà individuale alle premesse di una vita in comune di tipo solidale è, secondo Honneth, Marx, che, ricorrendo alla categoria hegeliana dei “bisogni individuali”, propone una società del riconoscimento e della cooperazione non più fondata sull’egoismo privato, in cui cioè la reciproca dipendenza si manifesti “in modo tale che ogni singolo fine perseguito da un individuo sia inteso sincronicamente quale condizione della realizzabilità dei fini perseguiti di volta in volta dagli altri individui” (p.32).

A partire da Marx dunque, i socialisti scardinano il concetto liberale di libertà, che vede negli altri dei “potenziali responsabili della limitazione delle proprie intenzioni d’azione”, per riconoscere in essi piuttosto “i partner cooperativi necessari alla loro realizzazione” (p.37). Honneth, in conclusione, definisce “libertà sociale” questo concetto di libertà conquistata dal socialismo ed è da questa prospettiva “di individualismo olistico” che il movimento socialista avrebbe mosso i suoi primi passi.

Nel secondo capitolo l’A. affronta quelli che a suo avviso sono gli errori concettuali del socialismo e che gli hanno impedito di potersi riformulare come un’idea adeguata anche al nostro mondo contemporaneo. Honneth mette a fuoco tre assunzioni concettuali fondamentali del primo socialismo: 1) per costruire rapporti sociali di solidarietà è necessaria la riforma o il superamento rivoluzionario dell’economia capitalistica di mercato, che interpreta le nuove libertà conquistate come mero perseguimento privato di obiettivi posti individualmente; 2) nonostante lo svuotamento sociale determinato da tale concorrenza e competizione, si è formato, “all’interno di questa sfera economica, un movimento proletario di opposizione” che mira alla creazione di un’economia cooperativa e di cui il socialismo è l’organo riflessivo; 3) “tale organo mira ad accelerare quel processo storico che condurrà necessariamente a una riorganizzazione cooperativa dell’insieme dei rapporti di produzione” (p.47).

Da queste tre assunzioni, secondo l’A., emerge che l’idea originaria del socialismo è profondamente radicata nell’epoca storica in cui nasce, che è quella del primo industrialismo, e che essa da una condizione storica unica e determinata abbia tratto indebitamente “la conclusione per cui vi sarebbe un unico ordinamento desiderabile per tutte le società future” (p.66). In conclusione, dunque, paradossalmente “nel socialismo a causa del quadro teoretico che discende da uno dei discorsi propri della Rivoluzione industriale, alla forza produttiva normativa dell’idea di libertà sociale viene impedito di realizzare effettivamente i potenziali a essa immanenti” (p.71).

Nel terzo capitolo, l’A. intende proporre una rielaborazione delle concezioni che il socialismo ha dello sviluppo storico. Per farlo prende le mosse da Marx, facendo emergere come egli abbia fatto coincidere il capitalismo esclusivamente con il mercato e rileva che mediante questa equiparazione così stringente “non è stato più possibile pensare alla forma economica socialista alternativa se non come a una economia completamente libera dal mercato” (p.77). Secondo Honneth è necessario che il socialismo revochi tale equiparazione per cercare invece all’interno della società capitalistica “lo spazio per progettare forme alternative di utilizzo del mercato” (p.78). Questa ricerca, spiega l’A. rifacendosi abbondantemente a Dewey, è incompatibile con l’idea di una necessità storica e si conduce piuttosto secondo un metodo che egli definisce “sperimentalismo”. Honneth traduce questa metodologia nel linguaggio hegeliano della filosofia dello spirito oggettivo e afferma che “anche per Hegel, si potrebbe dire, i miglioramenti all’interno della sfera del sociale derivano sempre dai passi in avanti compiuti nel superamento delle barriere che si contrappongono a una comunicazione libera tra i membri della società, il cui obiettivo è di esplorare e stabilire nel modo più razionale possibile le regole della loro convivenza” (p.83). In conclusione Honneth propone un socialismo rinnovato che si presenti come un “avvocato difensore di tutte quelle imprese pratico-politiche” il cui intento è quello di estendere la libertà sociale all’interno del settore economico (p.93). Nel far questo il socialismo non deve scegliere come proprio rappresentante “delle soggettività in rivolta, ma piuttosto dei miglioramenti oggettivi, né dei movimenti sociali, ma piuttosto delle conquiste istituzionali” (p.95). Honneth sostiene qui due tesi che egli stesso considera difficilmente conciliabili con l’idea originaria di socialismo: la possibilità di un “socialismo di mercato” (p.96) e un processo di formazione della volontà democratica dove anche il citoyen abbia un ruolo sociale.

È a questo punto che, nell’ultimo capitolo, l’A. si chiede perché i socialisti non abbiano mai intrapreso lo sforzo di applicare il nuovo concetto di libertà sociale anche ad altre sfere oltre a quella economica (p.99). Il socialismo tradizionale, secondo l’A., non tenne conto della differenziazione delle sfere sociali – quella privata, quella della formazione della volontà politica e quella economica – e non prese neppure in considerazione il fatto che esse “potessero essere esaminate dal punto di vista della realizzazione della libertà sociale”(p.112). Riducendo tutto a un “imperativo economico”, l’A. spiega che i socialisti in questo modo non riconobbero “la differenziazione funzionale” che si andava dispiegando nelle società moderne, ovvero non riconobbero a ogni sfera una “logica di funzionamento propria e autonoma perché quanto accadeva al loro interno sarebbe dovuto essere determinato sempre da principi di orientamento economico” (p.112). Nella sua proposta di rinnovamento e rilancio del socialismo, Honneth afferma allora che esso dovrebbe tenere in considerazione tutte e tre le sfere sociali – quella privata, quella della formazione della volontà politica e quella economica – come ambiti dove “devono dominare le condizioni per essere l’uno-per-l’altro in modo spontaneo e perché vi siano dei rapporti di libertà sociale” (p.114). Per spiegare ulteriormente il modello di una società organizzata secondo una “differenza funzionale”, l’A. ricorre ancora una volta a Hegel e all’utilizzo che egli ha fatto dell’immagine dell’organismo vivente: tale immagine chiarisce in che senso un “socialismo rinnovato” debba occuparsi tanto dei “sottosistemi già differenziati dalla teoria sociale classica” quanto della loro interdipendenza (p.116) nel raggiungere l’obiettivo comune di una totalità sovraordinata. Questa immagine “che il socialismo dovrebbe oggi assumere come modello di una società liberata” è “una forma di vita democratica” e “ha il vantaggio, rispetto all’antiquata visione socialista del futuro, di essere all’altezza dell’ostinazione normativa dei diversi ambiti funzionali, senza però abbandonare con ciò la speranza in una totalità giusta” (p.117).

L’argomentazione di Honneth è senza dubbio molto acuta e di grande interesse. Tuttavia l’intenzione dell’A. di offrire la prospettiva critica della metodologia della “ricostruzione normativa” non risulta qui pienamente riuscita, perché tale prospettiva sembra andare più nella direzione di uno sperimentalismo storico o di un pragmatismo à la Dewey, invece che offrire una metodologia critica soddisfacente sia in ambito teorico che in ambito pratico-sociale. Lo sforzo di pensare una libertà sociale che tenga insieme l’elemento individuale e quello collettivo è sicuramente un’impresa gigantesca sia dal punto di vista teoretico, quanto dal punto di vista politico come anche da quello storico. Questi tre piani si intrecciano, nella ricostruzione honnethiana, in maniera molto fluida e stringente, senza però che nessuno dei tre ne risulti approfondito e ripensato fino in fondo. Il prudente e a tratti paternalistico “socialismo rinnovato” di Honneth sembra, dunque, carente proprio dell’elemento dialettico e negativo che è invece necessario per il punto di vista critico.

Lungi dall’essere “l’ultima occasione” (p.133) per avere una speranza nel futuro, il libro di Honneth offre comunque numerosi spunti e occasioni di riflessione sullo svuotamento degli obiettivi sociali per realizzare una società giusta.

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