Proponiamo la recensione al testo curato da Paolo Giuspoli, Idealismo e concretezza. Il paradigma epistemico hegeliano (FrancoAngeli, 2013), scritta da Giovanna Miolli e apparsa sull’ultimo numero di Universa. Recensioni di filosofia. Per l’introduzione e l’indice del volume in formato PDF si rimanda a un precedente post apparso su hegelpd.
Paolo Giuspoli, Idealismo e concretezza. Il paradigma epistemico hegeliano, FrancoAngeli, 2013, pp. 123, € 17.00, ISBN 9788820458348
Idealismo e concretezza è il tentativo di dare sostanza alla tesi secondo cui l’obiettivo hegeliano di una filosofia come scienza si realizza nell’articolazione di essa in quanto “comprensione concettuale della realtà nella sua concretezza” (p. 14). In questo sono già racchiusi i motivi che spiegano la scelta del titolo del libro. Innanzitutto, secondo l’A., la proposta filosofica di Hegel si configura come una nuova forma di idealismo che mira all’“esame della generazione
concettuale e sistemica degli oggetti considerati” (p. 13). Nell’espressione “generazione concettuale” è contenuto il rimando all’ulteriore elemento in gioco: la dimensione della concretezza. L’A. specifica come l’accezione di “concreto” vada qui presa nel suo significato etimologico: “come ciò che si costituisce e si manifesta mediante il concrescere delle sue determinazioni” (p. 14). Comprendere un oggetto nella sua concretezza significa allora cogliere il processo attraverso cui esso si genera all’interno di un sistema di relazioni concettuali, operazione, questa, coincidente con il compito di ri-fluidificazione dei concetti che Hegel affida alla filosofia. Tale compito si traduce nel sottrarre i concetti stessi alla fissità e all’astrazione mediante l’esposizione delle dinamiche che li costituiscono e interconnettono. Per dimostrare come la filosofia si realizzi secondo i tratti ora chiariti, Hegel necessita di sviluppare un nuovo metodo scientifico, il cui procedere sia intrinsecamente legato alla natura del contenuto, ovvero degli stessi processi generativi razionali. Tutti questi aspetti costituiscono alcune delle ragioni che rendono innovativo il progetto hegeliano e lo allontanano dalla possibilità di una ricaduta in una metafisica razionalistica di stampo dogmatico.
All’Introduzione, fin qui riassunta, seguono quattro capitoli, variamente improntati al discorso sui processi generativi di formazione concettuale degli oggetti e dei contesti del sapere.
1) In Oltre la prospettiva trascendentale: l’idea di una «Scienza della logica», l’A. mira a fornire un quadro del perché l’elaborazione hegeliana non sia solo una radicalizzazione del progetto kantiano, ma un suo “correttivo”, che si compie in una comprensione unitaria del pensiero in quanto “attività oggettiva e oggettivantesi” alla base della dimensione storico-culturale (pp. 16-17). La tesi principale dell’A. si articola qui attraverso vari punti. a) La filosofia di Hegel deve essere concepita come la risposta alla domanda: “quali criteri teoretici sono richiesti per generare una scienza che ci consenta di sviluppare un sapere razionale concreto?” (p. 19). b) L’elaborazione conseguente a questo progetto si definisce nella configurazione di un nuovo paradigma di razionalità (legato a un’innovativa concezione del processo logico di autodeterminazione del pensiero), che comporta un cambiamento altrettanto essenziale nel modo di intendere c) la realtà e d) la verità. L’aspetto parallelo a questo discorso si traduce nel prendere posizione in merito alla questione se la Scienza della logica costituisca un’ontologia. A tale quesito viene data risposta negativa, soprattutto se con ci si vuol suggerire che Hegel riproponga una metafisica onto-teologica. Sostiene l’A. che la Scienza della logica “costituisce piuttosto il processo di trasformazione di quella che possiamo denominare una teoria generale dell’essere e dell’essenza in una teoria del concetto” (p. 21). Il punto a) e b) sopra citati sono sviluppati tramite un confronto tra il concetto di razionalità kantiano e quello hegeliano, evidenziando gli elementi di continuità e distanza. La differenza si gioca soprattutto sul modo di intendere (e rendere) l’oggettività della ragione. Da prodotto formale dell’attività dell’autocoscienza (in Kant), tale oggettività si esplicita in Hegel nei processi (non soggettivistici) di generazione e articolazione concettuale degli oggetti, attraverso cui questi emergono come totalità concrete, strutturate secondo diversi livelli di integrazione sistemica. Lo stesso concetto di realtà (punto c) muta di significato: esso non si riferisce a un mondo empirico, separato dal soggetto conoscente, o a una dimensione oggetto di rappresentazione, ma segna piuttosto “un momento immanente alla libera attività di auto-produzione del concetto” (p. 26). Anche la nozione di verità (punto d) subisce qui un contraccolpo. Essa viene a coincidere con l’idea assoluta, intesa come “il livello di massima autocomprensione razionale (dell’intero sviluppo logico) della razionalità” (p. 39). In questo è abbandonata ogni interpretazione referenzialistica del vero, in quanto esso si individua piuttosto nel processo concreto di auto-produzione e auto-riconoscimento del pensiero.
2) In Idealità e oggettività nello sviluppo del soggetto è tematizzata la strutturale capacità di idealizzazione del pensiero, attraverso cui il soggetto si svincola dall’impressione di trovarsi di fronte a un mondo dato e indipendente. Tale attività è fondamentalmente idealizzazione dell’apparente (cosa che definisce altrettanto una liberazione da esso, poiché ne viene negata l’autosussistenza e la capacità di condizionamento) e risulta costitutiva sia dei processi generativi del conoscere sia della sfera dell’agire, in cui sono oltrepassate la meccanicità ed esteriorità delle relazioni naturali. L’analisi si sviluppa mediante una ricostruzione mirata della filosofia dello spirito soggettivo. La capacità di idealizzazione è infatti ciò che guida alla formazione del soggetto spirituale. Tale formazione consiste nella strutturazione dell’esperienza conoscitiva concreta del soggetto, la quale avviene attraverso i gradi del pre-conscio (antropologia), dell’esperienza consapevole accompagnata da certezze soggettive (fenomenologia) e della razionalità autocosciente (psicologia). In tal senso, l’idealismo si manifesta come “il tratto fondamentale della coscienza e dell’intelligenza umana” (p. 63) e coincide con un’opera di liberazione spirituale dalla datità, dall’astrazione e dall’esteriorità dei rapporti, che questo avvenga in ambito naturale, nel campo individuale o nelle relazioni tra autocoscienze.
3) In Idealità ed eticità è a tema la connessione tra idealità e sfera etica. In particolare, il compito è capire le modalità attraverso cui si costituiscono gli oggetti della filosofia del diritto. A questo riguardo, la tesi sostenuta è, in linea con le precedenti riflessioni, che tali oggetti sono “reali” (e dunque comprensibili razionalmente) solo se “considerati nella loro generazione sistemica, esplicitata concettualmente” (p. 65). Tali oggetti (ad es. il diritto, la moralità, la famiglia, la società civile, lo stato ecc.) non sono tanto “enti”, quanto processi generativi alla base della produzione oggettiva del mondo etico-culturale nel quale l’uomo cerca di promuovere un’esistenza libera. Essi rientrano nel campo d’indagine della filosofia dello spirito oggettivo, ripreso sia dai Lineamenti di filosofia del diritto sia dall’omonima sezione dell’Enciclopedia. La peculiarità di tale ambito risiede nella necessità di conciliare le variabili storiche con l’impianto teoretico alla base della costituzione della scienza, per cui il concrescere delle determinazioni procede verso livelli sempre più alti d’integrazione sistemica e quindi di concretezza e razionalità. A questo proposito, rileva l’A., un’anomalia è rappresentata dal fatto che Hegel ravvisi nella monarchia la forma costituzionale più razionale. All’analisi critica di tale aspetto segue l’esame del rapporto tra idealità e dimensione etica. Esso emerge propriamente nel momento in cui si consideri, in generale, la relazione di uno stato agli altri stati e, in particolare, il caso del conflitto bellico. Qui si rivela la finitezza degli individui, delle cerchie sociali, dei principi e degli interessi che valgono nelle diverse sfere di esistenza: tutti questi elementi si mostrano come momenti ideali (e quindi relativi) dello stato. Al fine della salvaguardia della sovranità di quest’ultimo, essi appaiono come sacrificabili. In tal senso, l’intera dimensione dello spirito oggettivo viene rideterminata nella propria costitutiva idealità (e quindi reintegrata in un livello sistemico più concreto) alla luce dei processi della storia mondiale (Weltgeschichte). Solo a partire dall’autocoscienza storica dell’umanità si può valutare la riuscita dei tentativi attuati nella sfera etica di produrre le condizioni per la libertà.
4) In La ridefinizione della filosofia come comprensione concettuale del reale si considera la dimensione dello spirito assoluto, in cui va individuato ciò che si sottrae alla finitezza delle condizioni storiche contingenti. Lo scopo è qui “l’autoconoscenza dello spirito nella sua assolutezza, ovvero come vita spirituale assolutamente libera” (p. 82) ed è rispetto a tale meta che si misurano gli specifici apporti dell’arte e della religione. Dopo aver evidenziato i limiti della prima, il discorso si sposta sulla seconda e si concentra in particolar modo sulla religione rivelata. I momenti racchiusi in quest’ultima dismettono il loro carattere estrinseco una volta che la filosofia li abbia articolati concettualmente e abbia colto in unità le tre forme sillogistiche che compongono il contenuto della religione rivelata (il sillogismo mediato dall’universalità, dalla particolarità e dalla singolarità concreta). In ciò si dà l’autocomprensione dell’assoluto. “Ma in che modo e fino a che punto la filosofia è in grado di rappresentare razionalmente il reale nella sua concretezza?” (p. 92). L’A. articola la risposta attraverso l’esame del rapporto fra le tre parti del sistema: la Scienza della logica e le due Scienze reali. La conclusione mira a elucidare come l’autoconoscenza (e automediazione) della ragione si scinda essa stessa in natura e spirito, mostrando così che la filosofia “non si sbarazza dell’esteriorità della natura, né dell’attività conoscitiva attraverso cui il soggetto si libera e produce storicamente libertà attraverso il sapere” (p. 98).
Nelle conclusioni l’A. evidenzia un aspetto della filosofia intesa come comprensione razionale della realtà nella sua concretezza che Hegel stesso ammette. Das Logische non esprime tutto il senso del reale: “la grandezza e il limite del concetto” risiedono nel fatto che esso “conosce se stesso ed ogni cosa come concetto” (p. 100). In ciò Hegel individua, del resto, l’assolutezza dell’automanifestazione del razionale nella sua oggettività. L’A. nota inoltre come nella sintesi dei tre sillogismi conclusivi dell’Enciclopedia, in cui ciascuno è sia intero sia momento di mediazione del reale, emerga il senso proprio della filosofia hegeliana e cioè la presentazione dell’“unità del reale nella massima concretezza” (p. 101) attraverso l’integrazione della dimensione logica, naturale e spirituale. Tuttavia, evidenzia l’A., un limite fondamentale segna questo modello di razionalità, che si pretenderebbe senza limitazioni e condizioni esterne: “di fatto la filosofia si rivela condizionata dal suo essere rivolta soltanto al reale colto come una totalità razionalmente determinata” (p. 102).
Nel suo insieme il volume si mostra come la ricostruzione ragionata e ben fatta di alcuni elementi portanti della speculazione hegeliana. Il merito particolare sta nel dispiegare davanti al lettore il legame profondo che unisce i temi dell’oggettività della razionalità, della costituzione del conoscere, dell’idealità e della realtà, e che li esibisce come elementi complementari, vicendevolmente definitori. Idealismo e concretezza ha il pregio di presentarsi come il prodotto di chi ha pensato a lungo, individuato un filo conduttore e poi detto l’essenziale, senza per questo risultare scarno. L’analisi non manca di spirito critico né di ironia, cose che portano l’A. a considerare, nei paragrafi conclusivi, che Hegel “è capace di lasciare ai margini della filosofia l’umanità abitante interi continenti, se è convinto di non trovarci un grado di sviluppo della razionalità” (p. 102).
Giovanna Miolli, Università degli Studi di Padova
Il testo in PDF della recensione può essere scaricato al seguente link: G. Miolli – Recensione di Paolo Giuspoli, “Idealismo e concretezza. Il paradigma epistemico hegeliano”.
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